Tra le due Coree si aggrava la situazione

Sale al tensione tra le due Coree e si fa frenetica l’attività diplomatica per evitare il precipitarsi della situazione. La Corea del Nord ha dichiarato che se ci saranno le esercitazioni nel mar Giallo, già programmate per la scorsa settimana e rinviate per il maltempo, la risposta sarà dura ed il disastro sarà inevitabile. Seul da parte sua non arretra e conferma le manovre sul confine fissato dall’ONU dopo la guerra di Corea terminata nel 1953, questo, peraltro è il motivo del contendere: Pyongyang ha scatenato la bagarre  perchè non riconosce l’assegnazione alla parte Sud dell’isola di Yenpyeong (quella cannoneggiata) e di altre piccole isole. Nelle acque di queste isole la Corea del Sud ha effettuato le precedenti manovre militari dove avrebbe, secondo Pyongyang, sconfinato nelle acque territoriali del Nord, da qui la ritorsione militare. Quello che si rischia è ben più di qualche colpo di cannone, in questo momento nella zona ci sono concentrate consistenti forze militari in stato di emergenza e mobilitate per l’azione. La preoccupazione delle diplomazie è tangibile, tanto da fare muovere la Russia, l’ONU, la Cina egli USA, tutti però, sulle rispettive poszioni. In questo momento la più attiva pare Mosca che cerca di scongiurare le esercitazioni del mar Giallo  per guadagnare tempo per una pausa di riflessione che coinvolga direttamente i due paesi in un negoziato magari sotto l’egida dell’ONU.

Giappone: riassetto delle forze armate

Con le mutate condizioni dello scenario internazionale e la fine della guerra fredda cambia la strategia militare del Giappone. Ormai il possibile nemico sta nella regione asiatica infatti sono la Cina e la Corea del Nord a preoccupare l’impero del sol levante. L’alleanza che si muove con Tokyo comprende, oltre agli USA, il maggiore alleato, anche Corea del Sud ed Australia. Il punto cruciale e’ la questione del Mar Giallo ed i paesi che si muovono in abbinata con la Repubblica Popolare Cinese, la questione non investe la sola difesa nazionale ma anche il problema delle rotte commerciali attraverso le quali si muovono le merci. In questo quadro, anche per razionalizzare le disponibilita’ di bilancio, il Giappone cambia la composizione della propria forza militare riducendo le armate terrestri a favore di un rafforzamento dell’aviazione ma soprattutto della marina, incrementando non solo gli effettivi ma i mezzi da impiegare. Occorrono infatti nuove navi ma soprattutto aumentare il numero dei sommergibili che consentono un pattugliamento piu’ agile ed un impiego piu’ veloce in caso di emergenza di impiego. L’aumentata attenzione verso le vie del mare segnala che il livello di guardia dei nipponici e’ ben oltre la soglia della normalita’;  la crisi delle due Coree ha solo accelerato un processo gia’ in corso, l’incremento sempre maggiore dell’importanza e della potenza cinese tenevano gia’ sotto pressione Tokyo, che gia’ da tempo pensava questa strategia militare. La regione asiatica e’ cosi’ ora un campo aperto a sviluppi che possono prevedere un piccolo equilibrio del terrore dove si fronteggiano la Cina ed i suoi alleati, Corea del Nord, Birmania ed altri (dotati di armi nucleari) da una parte opposti ad USA, Giappone, Corea del Sud fino all’Australia. La partita si gioca su di un terreno cruciale per il trasporto delle merci verso mercati in forte espansione in grado di condizionare una parte importante della ricchezza mondiale

I cristiani scappano dall'Iraq

Tragli effetti della guerra iraqena e dell’escalation di violenza nel paese diBagdad vi è la crescente intolleranza religiosa perpetrata ai danni della minoranza crisitiana. La dimensione dell’abbandono del paese ha assunto proporzioni di esodo a causa del grande numero di persone costrette ad abbandonare la propria nazione per la persecuzione degl integralisti islamici. A parte l’episodio più eclatante dell’attacco operato da Al Qaeda lo scorso 31 ottobre alla chiesa di Bagdad, la vita dei cristiani in Iraq è ogni giorno più difficile, paradossalmente erano più protetti con il sanguinario regime precedente.  Questo spaccato inquietante mostra come potrebbe essere, ed in parte è già, un paese sotto il potere della parte più integralista  di una religione, che cerca di imporre con la violenza la propria visione. Siamo in un laboratorio politico e sociale dove si vede un sviluppo futuro possibile del decorso storico. Il dovere degli stati, ma sopratutto delle organizzazioni sovranazionali è impedire che questa possibilità diventi realtà, l’azione delle sole organizzazioni umanitarie non basta ad imporre la via democratica, come non bastano le sole armi e forse non basta neanche l’azione congiunta senza un sostegno fattivo delle democrazie in termini di soldi, tempo ed intenzioni. Quello che è davanti è il pericolo di radicalizzare lo scontro di civiltà, di ritornare alla divisione tra crociati ed ottomani, senza favorire le parti meno estreme si impone soltanto la via della violenza e non quella del dialogo, un confronto continuo tra chi vuole collaborare con buone intenzioni è la sola via d’uscita.

La battaglia per i diritti sconosciuta in patria

Dopo la sedia vuota di Liu Xiaobo, un’altra sedia non è stata occupata, se non dalla bandiera cubana, infatti Guillermo Farinas non ha potuto ritirare il premio Sakharov 2010 per la libertà di pensiero, nonostante l le molte pressioni del presidente del Parlamento Europeo Buzek. Cuba ha trattenuto il dissidente bloccando il permesso di espatrio. I regimi assoluti sono sempre più messi in difficoltà dalle premiazioni di rilevanza internazionale che costituiscono una cassa di risonanza enorme e permettono di focalizzare le problematiche dei diritti umani sulle quali i governi e  le pubbliche opinioni dei paesi occidentali sono molto sensibili. Ma se all’esterno le situazioni sono conosciute, grazie alla grande pubblicità mediatica, all’interno dei paesi di origine dei premiati, quelli oggetto di critiche per la mancanza dei diritti, la pubblica opinione interna è tenuta pressochè all’oscuro. Molti cinesi non conoscono la vicenda del premio Nobel, proprio grazie a quei diritti che sono negati e per la cui denuncia vengono assegnati i premi riferiti alle battaglie dei diritti umani. La censura operata è feroce, il controllo delle fonti d’informazione provenienti dall’esterno è serrato, ma c’è anche un’azione più subdola, che i governi degli stati dittatoriali hanno imparato bene dal capitalismo: l’introduzione di un sempre maggiore livello di consumismo teso ad addormentare le coscienze. Non è un caso che Cuba abbia aperto da poco il proprio mercato ai beni di consumo una volta vietati e che la Cina sia ormai il paradiso dei centri commerciali. La popolazione reduce da anni di povertà e penuria è stata frastornata con un’invasione di prodotti, peraltro costruiti a prezzi insostenibili sul piano dei diritti, che ha sortito il sonno della ragione. La nuova condizione sociale associata al più stretto controllo statale si è così rivelata una miscela letale che non permette di prendere coscienza dell’azione dei pochi che si battono per i diritti di tutti.

La Corea del Sud inizia le esercitazioni per i civili

In un clima surreale di apprensione e paura la Corea del Sud ha iniziato le esercitazioni di difesa civile, preparatorie ad un eventuale attacco proveniente dalla parte Nord del paese. La decisione di effettuare le esercitazioni non solo ai militari ma anche ai civili è una spia dei sentimenti che albergano nelle coscienze dei governanti di Seoul, la minaccia di un conflitto è tenuta in grande considerazione e molto temuta dal paese, inoltre si temono le reazioni di Pyongyang anche alle continue pressioni provenienti dall’occidente per il problema atomica. La situazione tra le due Coree è di stasi, ma la tensione rimane alta lungo la frontiera e nelle sale diplomatiche; il lavorio sottotraccia di USA e Cina continua alacremente per scongiurare il conflitto, ma le difficoltà restano, sullo sfondo la situazione tra i due paesi non migliora anche perchè non vengono intrattenute relazioni diplomatiche dirette.

Birmania: nuovo socio del club nucleare?

La riduzione dei costi e la disponibilità tecnologica rischiano di favorire la proliferazione nucleare nel pianeta. L’ultima entrata nel club dell’atomica potrebbe essere la Birmania, dove, secondo fonti riservate USA, si sta lavorando per costruire un nuovo ordigno nucleare con il concorso di esperti nordcoreani e russi. La Birmania è retta da una giunta militare ed i diritti civili non sono rispettati tanto da sottoporre il paese  a sanzioni da parte di Stati Uniti ed Europa (che ha mantenuto gli aiuti umanitari). Sulla scena internazionale la Birmania è quasi sempre stata ai margini ed è salita alla ribalta per la vicenda del premio Nobel per la pace 1991 Aung San Suu Kyi relegata per anni agli arresti e liberata solo a Novembre di quest’anno. La creazione di una bomba atomica  può essere intesa come volontà di accreditarsi come potenza emergente, la nazione è ricca di materie prime come gas e petrolio ed ha avviato fruttuose collaborazioni economiche con Cina ed India, la sua posizione geografica con i suoi porti permette di essere una testa di ponte verso l’oceano indiano, un punto chiave per il trasporto delle merci. I due giganti economici competono direttamente per accapparrarsi le risorse birmane, ma la Cina appare in vantaggio per la grande liquidità immessa nel sistema birmano, consentendo la creazione di importanti infrastrutture; mentre la Russia ha commerci sostanziosi sul capitolo armamenti, per i quali gli stanziamenti della giunta sono notevoli. Per tutti questi motivi la preoccupazione degli USA è comprensibile, potrebbe trovarsi di fronte un paese avverso in una zona chiave del pianeta, dotato di un’arma di distruzione di massa, per di più alleato alla Corea del Nord. Il quadro generale pare influenzato dalla Cina, che sta materialmente dietro questi paesi, la strategia di Pechino cerca di aumentare sempre di più la propria sfera d’influenza nella regione asiatica, sia dal punto di vista politico che economico, le nazioni di questa zona sono considerate strategiche sia per le risorse che come mercato economico per la produzione e la vendita di beni, favorire un’atomica ulteriore nella regione significa mettere una barriera agli Stati Uniti, in un momento particolare  per il paese a stelle e strisce impegnato su più fronti. Questa debolezza causata dai troppi impegni sullo scacchiere internazionale favorisce manovre alternative agli avversari degli americani che mettono in campo strategie e minacce sempre nuove nella guerra per il predominio economico.

Il giorno del Nobel

Ci sarà una sedia vuota nella sala della consegna del premio Nobel per la pace 2010, ne il dissidente cinese ne alcun membro della sua famiglia sarà presente per ritirare il premio. La Cina continua nella sua irritazione, dopo avere istituito, più per contrastare al suo interno la rilevanza del Nobel, che come attacco verso l’esterno, ilpremio Confucio, ha aumentato la stretta nei confronti dei dissidenti incrementando la pressione poliziesca ed il blocco dei siti internet di CNN e BBC. Le autorità presidiano i punti chiave di Pechino e pattugliano le vie adiacenti all’abitazione di Liu Xiaobo. La Cina presenta al suo interno  il premio Nobel come esaltazione dei valori occidentali, facendo leva sul sentimento nazionalista sempre presente nei cinesi; la manovra serve a screditare l’importanza del premio Nobel, che riporta alla ribalta il tema dei diritti umani all’interno del sistema capitalista e comunista cinese. Se al suo interno Pechino riesce comunque a gestire la situazione, seppure con qualche difficoltà, agli occhi del mondo la situazione è più problematica, più volte la comunità internazionale ha sollecitato alla Cina quelle prime riforme essenziali tali da garantire almeno l’applicazione dei più elementari diritti democratici. Se l’evoluzione economica, ottenuta a prezzi sociali molto rilevanti, ha garantito, perlomeno in alcune zone del paese, una crescita degli standard di vita, non è andata di pari passo l’evoluzione dei diritti, che anzi, proprio per la spinta economica basata sulla grande forza lavoro e sulle  condizioni lavorative molto pesanti, hanno subito talvolta addirittura una compressione. Siamo in un contesto politico e sociale cristallizzato da anni di dittatura comunista che il benessere ha solo attenuato per la concessione del consumismo, senza una crescita della massa popolare, dove soltanto una minima parte del gran numero di persone che compone la totalità della popolazione riesce ha comprendere la necessità di uno sviluppo democratico dello stato. Stiamo parlando del condizionamento di un numero enorme di persone, solo l’aiuto dell’opinione pubblica esterna può rompere il guscio protettivo costruito dal regime. Per questo motivo il premio Nobel ha così infastidito Pechino, la speranza è che apra una breccia nel vertice oltre che nella popolazione.

La Cina entra ufficialmente nella disputa coreana

La diplomazia cinese si muove ufficialmente verso la Corea del Nord. Questo passo sancisce la fuoriuscita dall’immobilismo diplomatico ufficiale e l’interessamento alla crisi del Mar Giallo, mettendo in campo il capo della diplomazia di Pechino Dai Binnguo. In realtà i contatti tra la Cina e la Corea del Nord non si sono mai interrotti, ma sono rimasti nell’ambito della riservatezza e dell’ufficiosità. L’entrata in campo ufficiale è stata più volte sollecitata da Washington, che richiedeva aiuto al principale alleato della Nord Corea, affinchè premesse per per una soluzione pacifica e veloce della crisi delle due Coree. Pechino, per lavorando sottotraccia, ha nicchiato con un atteggiamento che sfiorava l’ambiguità, pur condannando l’escalation militare, non ha realmente preso parte ufficiale alla dissuasione dell’uso della forza. L’impressione americana è stata, probabilmente, che la politica cinese usasse questo nuovo fronte per mettere in difficoltà l’amministrazione di Obama, lesinando il suo intervento autorevole presso Pyongyang. Ora, con la mossa ufficiale di Pechino, sarà interessante vedere se l’intervento sarà limitato alla crisi attuale o se toccherà un orizzonte più ampio come il problema nucleare nordcoreano. Gli attori coinvolti oltre alla Cina ed agli USA, in qualità di superpotenze, sono le due Coree ma anche Giappone e Russia; la presenza di un’atomica nel sud est asiatico, in uno stato potenzialmente fuori dai blocchi e dal controllo, crea notevole apprensione nella regione, l’augurio è che da una situazione sfavorevole come è la tensione nel Mar Giallo si arrivi ad una trattativa sul disarmo nucleare nella regione.

I fronti diplomatici USA in Cina e penisola Araba

Due fronti internazionali occupano le forze diplomatiche USA, in questo momento, da un lato la Cina e dall’altro i paesi Arabi più ricchi. La questione con la Cina nasce dalla mancata sanzione ufficiale da parte di Pechino alla Corea del Nord; Obama ha necessità di risolvere al più presto la questione delle due Coree perchè non può permettersi un coinvolgimento troppo lungo, sia per il tempo che economicamente, in un possibile conflitto in cui è finito controvoglia trascinato da Corea del Sud e Giappone, partner essenziali per la bandiera a stelle e strisce. Gli USA contavano più sul lavoro diplomatico, che sull’uso della forza, e sull’appoggio del più grande partner dei nordcoreani: la Cina.  Pechino ha mantenuto un basso profilo, pur condannando l’aggressione all’isola sudcoreana non è andata, ufficialmente, oltre le dichiarazioni di facciata contro l’episodio bellico. L’impressione è che la Cina lavori sottotraccia perchè in Corea del Nord è in atto una transizione dinastica al potere (unico caso al mondo di dinastia comunista), Pechino considera la Corea del Nord un punto chiave per il proprio scacchiere di alleanze, giacchè bilancia l’alleanza della Corea del Sud con gli USA. Non si tratta solo di geopolitica e di alleanza militare, si tratta sopratutto di un’alleanza in chiave economica, la Cina non vuole ai suoi confini un concorrente economico agguerrito come potrebbe essere la Corea unita. Gli USA, in questo momento, hanno esigenze più urgenti distogliere l’attenzione dai teatri di Iraq ed Afghanistan non rientrava nei piani e si trovano coinvolti in una contesa di cui non avevano bisogno. Per questo motivo l’atteggiamento pacato di Pechino non è risultato gradito ad Obama. Ma non c’è solo la Cina a preoccupare Washington, indagini accurate sui movimenti di denaro dagli stati arabi più ricchi (E.A.U. ed Arabia in particolare) verso Iraq, Afghanistan ma sopratutto Pakistan hanno individuato il principale canale di finanziamento dei gruppi terroristici. La grande massa di rimesse di lavoratori emigrati nei paesi ricchi produce un flusso costante di denaro, ma i dati numerici effettivi delle transazioni verso il Pakistan sono il doppio di quelle ufficiali, è chiaro che si tratta di fondi occulti che vanno nella quasi totalità dei gruppi terroristici dell’Islam estremo. Non solo, è praticamente accertato il finanziamento diretto con passaggio di capitali, ma anche di armi e know-how dall’Iran verso i gruppi terroristici quali Hezbollah, Al Qaeda ed anche quelli dell’America Latina. Bloccare o almeno limitare questi flussi vuole dire restringere le possibilità di manovra dei gruppi terroristici ed indirizzare le guerre in corso verso la parola fine.

Le due Coree, gli USA ed il Giappone, attori nel Mar Giallo

Pronte al via le manovre militari congiunte tra USA e Giappone, in concomitanza con il cinquantesimo anniversario dell’alleanza tra i due paesi. Ingenti le forze messe in campo: un totale di 44.000 soldati, 40 navi da guerra nipponiche e 20 statunitensi, tra cui la portaerei nucleare George Washington, un dispiegamento enorme di forza, a cui si aggiungeranno, come osservatori, militari sudcoreani. Il segnale, in questo momento, è per la Corea del Nord, già sotto la lente per l’attività connessa alla costruzione della bomba atomica, ed ora sotto stretta osservazione per le scaramuccie militari al confine con la Corea del Sud. Pyongyang per ora non ha emesso alcuna dichiarazione ufficiale, ma è fin troppo palese che consideri le prossime manovre nel Mar Giallo come una provocazione, tutto sta a vedere se le minaccia sortirà l’effetto di spaventare il regime dinastico comunista o se, di contro, farà ulteriormente alzare la tensione. Gli USA sono stati sollecitati dai giapponesi, che più volte ed in più sedi hanno sollevato il problema nordcoreano, la vicinanza di uno stato fuori dal controllo e dagli schemi in possesso di un’atomica suscita a Tokyo molte preoccupazioni, non certo sopite dalle cannonate sparate verso l’isola di Yeonpyeong, dove, frattanto, la Corea del Sud dichiara di avere posizionato parte della propria artiglieria pesante, pronta a rispondere al fuoco nemico; la strategia militare, continuano le fonti governative di Seul, prevede anche l’impiego della forza aerea pronta ad alzarsi in volo in caso di attacco. Per ora tra le due Coree la situazione è di stallo, aldilà dei preparativi militari, che ci sono anche nel nord, quello che si registra è un gelo diplomatico profondo, l’unico lavoro è quello sottotraccia di USA e Cina, che hanno attivato tutti i canali disponibili per smorzare le possibilità di conflitto. Anche la Cina non ha emesso dichiarazioni, per ora, sulle manovre congiunte USA e Giappone, ma se il silenzio resterà tale, potrebbe suonare come monito per la Corea del Nord, di fatto sanzionata dal suo principale alleato. Difficile capire le strategia nordcoreana, quale scopo, in un momento di transizione dinastica e sotto stretta osservazione mondiale per il problema dell’atomica, può avere un possibile conflitto con il paese gemello? La tesi della strategia diversiva per spostare l’attenzione dalla bomba atomica non pare reggere, perchè anzichè allontanare l’attenzione l’aumenta, pare più probabile, invece, rimarcare l’opposizione ad una paventata riunione in un unico paese delle due coree sotto l’egida del sud, a questa possibilità i burocrati militari del nord potrebbero avere risposto con l’azione militare per aumentare il solco tra i due paesi, stroncando sul nascere un’unione in senso democratico.