Il conflitto tra Armenia e Azerbaigian può allargarsi pericolosamente

La ripresa del conflitto del Nagorno Karabakh, una guerra a bassa intensità che non si è mai fermata del tutto, potrebbe aprire un nuovo fronte in Europa ed un aggravamento delle relazioni tra Mosca ed Ankara, coinvolgendo, però, anche altri attori. I fatti recenti parlano di nuovi combattimenti con le due parti impegnate nel conflitto che si accusano reciprocamente per avere attaccato per primi. La regione, che dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica, era stata assegnata agli azeri, si è staccata da Baku a causa della maggioranza di abitanti armeni, aprendo un conflitto tutt’ora irrisolto, che ha prodotto oltre 20.000 morti ed un esodo imprecisato. L’ostilità tra Armenia e Azerbaigian è anche religiosa, con gli armeni che sono di confessione cristiana e gli azeri che sono musulmani sciiti, fattore che non preclude la stretta alleanza con la Turchia, formata in maggioranza da sunniti, a causa di una lingua comune. In campo internazionale l’Armenia ha un forte legame con la Russia, mentre l’Azerbaigian proprio con la Turchia; lo scenario è aggravato dai pessimi rapporti tra armeni e turchi per l’annosa questione delle stragi che i turchi hanno perpetrato ai danni degli armeni e che Ankara non ha mai voluto riconoscere. In tutti e due gli stati, al momento, vige la legge marziale, e gli scontri hanno già causato diversi morti; la situazione, dal punto di vista internazionale, potrebbe degenerare rapidamente, soprattutto dopo, che aerei delle forze armate turche sono già entrati in azione, mentre effettivi dell’esercito di Ankara sarebbero già presenti in Azerbaigian. In questo momento Putin sembrerebbe restio ad impegnarsi in nuovo conflitto, data la presenza attiva dei militari di Mosca in Siria ed in Ucraina, dove l’impegno doveva essere limitato e veloce, ma si è trasformato in una situazione senza una soluzione in tempi brevi. Il vero pericolo è un intervento più massiccio di Erdogan, che potrebbe non lasciarsi sfuggire una occasione per ribadire il suo impegno diretto nella volontà di praticare una politica estera aggressiva, che permetta al paese turco di estendere la sua area di influenza. Ad essere di fronte sono due leader che hanno un programma internazionale molto simile, basato sul rilancio internazionale dei loro paesi, con operazioni discutibili, ma che li possano fare risultare al mondo come nuovi protagonisti della scena internazionale: una strategia che deve bilanciare i problemi interni, sia in termini economici, che politici. In Siria Mosca ed Ankara sono su posizioni opposte, con i primi che appoggiano il governo di Damasco (con Assad rimasto al potere proprio grazie a Mosca) ed i secondi ancora al fianco degli estremisti islamici sunniti (soprattutto in funzione anti curda). Aldilà delle parole di prammatica il possibile confronto agita le due diplomazie: la possibilità di un rispettivo coinvolgimento, o anche solo di minacce, potrebbe compromettere il già difficile rapporto diplomatico, che andrebbe ad influire proprio su quei fronti dove i due paesi sono contrapposti: sarebbero in grado di sopportare le conseguenze di un confronto tale anche da includere diversi attori internazionali con conseguenze molto rilevanti? Nelle ultime ore l’intervento turco avrebbe provocato il movimento di mezzi pesanti della forza militare russa, che sarebbero entrati in Armenia attraverso l’Iran. La concessione del transito di materiale bellico straniero sul suo territorio, pone l’Iran come un fiancheggiatore della Russia in opposizione alla Turchia, situazione che si inquadra bene nella ostilità di Teheran contro Ankara e che ripete lo schieramento siriano, dove per Teheran l’avversione alla Turchia si basa su motivazioni geopolitiche e religiose. L’Iran non può gradire i movimenti di Ankara quasi sui suoi confini. Inoltre si registrare anche la volontà di appoggiare l’Armenia da parte dell’Egitto: ancora una volta lo schema di distrarre la popolazione dai problemi interni, con azioni internazionali, si ripete con il dittatore egiziano. Il Cairo, peraltro patisce da tempo le iniziative turche, tra cui quella in Libia, che pone Ankara in diretta concorrenza con l’Egitto per l’influenza sui sunniti, specialmente quelli sulla sponda meridionale del Mediterraneo. Occorre anche ricordare che l’Armenia si era schierata con la Grecia e Cipro, nella contesa per le risorse naturali presenti in quella parte di Mediterraneo. Non bisogna sottovalutare l’evoluzione della situazione, anche per la posizione americana che non si è ancora evidenziata; la possibilità di un conflitto molto più largo di quello tra Armenia ed Azerbaigian è una possibilità potenziale, che può allargarsi molto di più, ben oltre tutti gli attori già presenti.

Failure to reform the Dublin Treaty is a bad sign for Europe

The definition of a flexible compulsory solidarity mechanism is the bureaucratic definition of the set of proposals that should reform, but not supersede, the Dublin regulation; in fact, Germany and the Nordic countries, which were the most popular destinations for migrants, were added to the opposition to the unfair treaty made by Vienna and the countries of the Visegrad pact. If it is true that migratory pressure has created internal problems of a political nature in these countries, which governments prefer to govern in the easiest way, i.e. by seeking internal rules within the Union for distribution, it is equally true that the coastal countries most subject to arrivals, Italy and Greece above all, but also Spain, remain responsible for the migrants who land on their shores, leaving the question of a national nature and not yet completely supranational, that is, the responsibility of Brussels. Regardless of the fact that the approval of the new regulation must be approved by the member weights, we are faced with yet another improvised solution in the face of a problem that still cannot be curbed, for which solutions that go beyond European borders are needed, but which management is needed such that it must be able to guarantee reception without giving the sovereign and anti-European political forces the opportunity to have an excuse for their existence. The new mechanism provides that the countries of the Union can choose to provide aid to another state in difficulty with migratory flows with relocation or repatriation, according to quotas calculated through data on gross domestic product and number of the population; however, this redistribution could be little more than on a voluntary basis, in fact the possibility of the refusal of redistribution would be contemplated, offset by the obligation to manage the repatriation of migrants. Although Brussels presents the plan as a fair compromise between the countries that physically welcome migrants and the nations that reject them, the mechanism still appears too biased in favor of the latter, especially since it does not provide for effective sanctions, other than that of the obligation to welcome migrants who have not been able to get expatriate. The absence of tougher sanctioning rules, such as the cutting of European contributions, leaves the Union at the mercy of countries that have obviously not implemented the founding ideals of Europe and that use the Union only as an ATM, without obligation. The feeling is that the permanence of these states is functional to German economic interests, thanks, first of all to the low cost of labor, it would be necessary, instead, to question the real general convenience of these states within a Union of which they not only refuse obligations, but often enact laws contrary to European law. If we want to look at the positive aspects, which are few, we can record a timid progress on the search for a common policy on migratory flows, but which, on the aspect of the reform of the Dublin Treaty, leaves everything unchanged. The problem is also moral, and it is an aspect from which Brussels cannot continue to escape, limiting itself to colorless and pragmatic communications on solidarity with migrants. The cases of the concentration camps in Libya or the situation of the camps in Greece cannot be tolerated by those who set themselves up as examples of civilization. Italy and Greece have their faults, but they had to find questionable solutions because they did not have European help, however, these solutions were also beneficial for Brussels. The common attitude is marked by hypocrisy, which conditions political action in an attempt to bring together countries with too many conflicting interests and visions. If the economic aspect is still predominant, the political one can no longer be postponed: Brussels must be able to take a step towards that unity of purpose, which can ensure the future of the Union. Timid attitudes such as the current one on migrants and, above all, on the sanctioning mechanisms of those who refuse the sharing of burdens, indicate an approach that is too unconvinced which only serves those who want to take advantage of the opportunity to maintain a weak Union from a political point of view and, therefore, it will not be able to find that role necessary to balance the US and China. What is claimed is a short-term vision that also harms countries that do not understand that only an equitable sharing of all the burdens, of which the problem of migrants is only the most evident, can also guarantee the sharing of benefits, especially financial ones. . In the end, this is the crucial point that will determine European existence as an overall vision: those who do not understand it are better off getting out of it, as did Great Britain.

No reformar el Tratado de Dublín es una mala señal para Europa

La definición de un mecanismo de solidaridad obligatorio flexible es la definición burocrática del conjunto de propuestas que deberían reformar, pero no reemplazar, el reglamento de Dublín; de hecho, Alemania y los países nórdicos, que eran los destinos más buscados por los migrantes, se sumaron a la oposición al desigual tratado de Viena y los países del pacto de Visegrado. Si es cierto que la presión migratoria ha creado problemas internos de carácter político en estos países, que los gobiernos prefieren gobernar de la manera más fácil, es decir, buscando reglas internas de distribución dentro de la Unión, es igualmente cierto que los países costeros más sujetos a Las llegadas, Italia y Grecia sobre todo, pero también España, siguen siendo responsables de los migrantes que desembarcan en sus costas, dejando la cuestión de carácter nacional y aún no del todo supranacional, es decir, responsabilidad de Bruselas. Independientemente de que la aprobación del nuevo reglamento debe ser aprobada por los pesos miembros, nos encontramos ante una solución más improvisada ante un problema que aún no se puede frenar, para el que se necesitan soluciones que vayan más allá de las fronteras europeas, pero para el qué gestión es necesaria para poder garantizar la recepción sin dar a las fuerzas políticas soberanas y antieuropeas la oportunidad de tener una excusa para su existencia. El nuevo mecanismo establece que los países de la Unión pueden optar por prestar ayuda a otro estado en dificultad con los flujos migratorios con reubicación o repatriación, según cuotas calculadas a través de datos de producto interior bruto y número de población; sin embargo, esta redistribución podría ser poco más que de forma voluntaria, de hecho se contemplaría la posibilidad de rechazar la redistribución, compensada por la obligación de gestionar la repatriación de migrantes. Aunque Bruselas presenta el plan como un compromiso justo entre los países que acogen físicamente a los migrantes y las naciones que los rechazan, el mecanismo todavía parece demasiado sesgado a favor de estos últimos, especialmente porque no prevé sanciones efectivas, más allá de la obligación de dar la bienvenida a los inmigrantes que no han podido ser expatriados. La ausencia de normas sancionadoras más estrictas, como el recorte de las contribuciones europeas, deja a la Unión a merced de países que obviamente no han implementado los ideales fundacionales de Europa y que utilizan la Unión solo como cajero automático, sin compromiso. La sensación es que la permanencia de estos estados es funcional a los intereses económicos alemanes, gracias, en primer lugar, al bajo costo de la mano de obra, sería necesario, en cambio, cuestionar la real conveniencia general de estos estados dentro de una Unión a la que no solo se niegan obligaciones, pero a menudo promulgan leyes contrarias a la legislación europea. Si queremos fijarnos en los aspectos positivos, que son pocos, podemos registrar un tímido avance en la búsqueda de una política común de flujos migratorios, pero que, en el aspecto de la reforma del Tratado de Dublín, deja todo sin cambios. El problema también es moral, y es un aspecto del que Bruselas no puede seguir escapando, limitándose a comunicaciones pragmáticas y descoloridas sobre la solidaridad con los migrantes. Los casos de los campos de concentración en Libia o la situación de los campos en Grecia no pueden ser tolerados por quienes se erigen como ejemplo de civilización. Italia y Grecia tienen sus fallas, pero tuvieron que encontrar soluciones cuestionables porque no tenían ayuda europea, sin embargo, estas soluciones también fueron beneficiosas para Bruselas. La actitud común está marcada por la hipocresía, que condiciona la acción política en un intento de acercar a países con demasiados intereses y visiones en conflicto. Si el aspecto económico sigue siendo predominante, el político ya no puede posponerse: Bruselas debe poder dar un paso hacia esa unidad de propósitos, que puede asegurar el futuro de la Unión. Actitudes tímidas como la actual sobre los migrantes y, sobre todo, sobre los mecanismos sancionadores de quienes se niegan a compartir las cargas, señalan un enfoque demasiado poco convencido que solo sirve a quienes quieren aprovechar la oportunidad para mantener una Unión débil desde el punto de vista político y por lo tanto, no podrá encontrar ese papel necesario para equilibrar a Estados Unidos y China. Lo que se reivindica es una visión a corto plazo que también perjudica a los países que no entienden que solo un reparto equitativo de todas las cargas, de las cuales el problema de los migrantes es solo el más evidente, también puede garantizar el reparto de beneficios, especialmente económicos. . Al final, este es el punto crucial que determinará la existencia europea como visión de conjunto: quienes no la comprendan mejor saliendo de ella, como hizo Gran Bretaña.

Das Versäumnis, den Dublin-Vertrag zu reformieren, ist ein schlechtes Zeichen für Europa

Die Definition eines flexiblen obligatorischen Solidaritätsmechanismus ist die bürokratische Definition der Vorschläge, die die Dublin-Verordnung reformieren, aber nicht ersetzen sollen. Tatsächlich wurden Deutschland und die nordischen Länder, die die gefragtesten Ziele für Migranten waren, zur Opposition gegen den ungleichen Vertrag zwischen Wien und den Ländern des Visegrad-Pakts hinzugefügt. Wenn es stimmt, dass der Migrationsdruck in diesen Ländern interne Probleme politischer Natur verursacht hat, die die Regierungen am einfachsten regieren möchten, d. H. Indem sie interne Regeln innerhalb der Union für die Verteilung suchen, ist es ebenso wahr, dass die Küstenländer am stärksten betroffen sind Ankünfte, vor allem Italien und Griechenland, aber auch Spanien, bleiben für die Migranten verantwortlich, die an ihren Ufern landen, wobei die Frage nationaler Natur und noch nicht vollständig supranational, dh in der Verantwortung von Brüssel, bleibt. Ungeachtet der Tatsache, dass die Genehmigung der neuen Verordnung von den Mitgliedsgewichten genehmigt werden muss, stehen wir vor einer weiteren improvisierten Lösung angesichts eines Problems, das immer noch nicht gebremst werden kann und für das Lösungen erforderlich sind, die über die europäischen Grenzen hinausgehen, aber für die Welches Management ist erforderlich, damit es den Empfang garantieren kann, ohne den souveränen und anti-europäischen politischen Kräften die Möglichkeit zu geben, eine Entschuldigung für ihre Existenz zu haben? Der neue Mechanismus sieht vor, dass die Länder der Union einem anderen Staat, der Schwierigkeiten mit Migrationsströmen mit Umsiedlung oder Rückführung hat, Hilfe gewähren können, und zwar gemäß Quoten, die anhand von Daten zum Bruttoinlandsprodukt und zur Bevölkerungszahl berechnet werden. Diese Umverteilung könnte jedoch kaum mehr als auf freiwilliger Basis erfolgen. Tatsächlich würde die Möglichkeit in Betracht gezogen, die Umverteilung abzulehnen, was durch die Verpflichtung zur Verwaltung der Rückkehr von Migranten ausgeglichen wird. Obwohl Brüssel den Plan als einen fairen Kompromiss zwischen den Ländern, die Migranten physisch willkommen heißen, und den Nationen, die sie ablehnen, darstellt, scheint der Mechanismus immer noch zu voreingenommen für letztere zu sein, zumal er keine wirksamen Sanktionen vorsieht, außer der Verpflichtung dazu begrüßen Migranten, die nicht in der Lage waren, Expatriate zu bekommen. Das Fehlen strengerer Sanktionsregeln wie die Kürzung europäischer Beiträge macht die Union Ländern ausgeliefert, die die Gründungsideale Europas offensichtlich nicht umgesetzt haben und die Union unverbindlich nur als Geldautomaten nutzen. Das Gefühl ist, dass die Beständigkeit dieser Staaten für die wirtschaftlichen Interessen Deutschlands von Bedeutung ist. Vor allem dank der niedrigen Arbeitskosten müsste stattdessen die tatsächliche allgemeine Zweckmäßigkeit dieser Staaten in einer Union in Frage gestellt werden, die sie nicht nur ablehnen Verpflichtungen, aber oft Gesetze erlassen, die gegen europäisches Recht verstoßen. Wenn wir die wenigen positiven Aspekte betrachten wollen, können wir einen zaghaften Fortschritt bei der Suche nach einer gemeinsamen Politik für Migrationsströme verzeichnen, der jedoch im Hinblick auf die Reform des Dublin-Vertrags alles unverändert lässt. Das Problem ist auch moralisch, und es ist ein Aspekt, dem Brüssel nicht weiter entkommen kann und der sich auf farblose und pragmatische Kommunikation über die Solidarität mit Migranten beschränkt. Die Fälle der Konzentrationslager in Libyen oder die Lage der Lager in Griechenland können von denen, die sich als Beispiel für Zivilisation etablieren, nicht toleriert werden. Italien und Griechenland haben ihre Fehler, aber sie mussten fragwürdige Lösungen finden, weil sie keine europäische Hilfe hatten. Diese Lösungen waren jedoch auch für Brüssel von Vorteil. Die gemeinsame Haltung ist geprägt von Heuchelei, die politisches Handeln bedingt, um Länder mit zu vielen widersprüchlichen Interessen und Visionen zusammenzubringen. Wenn der wirtschaftliche Aspekt immer noch vorherrscht, kann der politische nicht mehr verschoben werden: Brüssel muss in der Lage sein, einen Schritt in Richtung dieser Einheit des Zwecks zu machen, der die Zukunft der Union sichern kann. Schüchterne Einstellungen wie die derzeitige zu Migranten und vor allem zu den Sanktionsmechanismen derjenigen, die die Lastenteilung ablehnen, signalisieren einen zu wenig überzeugten Ansatz, der nur denjenigen dient, die die Möglichkeit nutzen wollen, eine schwache Union aus politischer Sicht aufrechtzuerhalten, und Daher wird es nicht möglich sein, diese Rolle zu finden, die notwendig ist, um die USA und China ins Gleichgewicht zu bringen. Was behauptet wird, ist eine kurzfristige Vision, die auch Ländern schadet, die nicht verstehen, dass nur eine gerechte Aufteilung aller Belastungen, von denen das Problem der Migranten nur am offensichtlichsten ist, auch die Aufteilung der Leistungen, insbesondere der finanziellen, gewährleisten kann. . Letztendlich ist dies der entscheidende Punkt, der die europäische Existenz als Gesamtvision bestimmen wird: Wer es nicht versteht, ist besser dran, als Großbritannien.

L’échec de la réforme du traité de Dublin est un mauvais signe pour l’Europe

La définition d’un mécanisme de solidarité obligatoire et flexible est la définition bureaucratique de l’ensemble des propositions qui devraient réformer, mais non remplacer, le règlement de Dublin; en fait, l’Allemagne et les pays nordiques, qui étaient les destinations les plus recherchées des migrants, se sont ajoutés à l’opposition au traité inéquitable conclu par Vienne et les pays du pacte de Visegrad. S’il est vrai que la pression migratoire a créé des problèmes internes de nature politique dans ces pays, que les gouvernements préfèrent gouverner de la manière la plus simple, c’est-à-dire en recherchant des règles internes de distribution au sein de l’Union, il est également vrai que les pays côtiers les plus soumis les arrivées, l’Italie et la Grèce surtout, mais aussi l’Espagne, restent responsables des migrants qui débarquent sur leurs côtes, laissant la question d’un caractère national et pas encore totalement supranational, c’est-à-dire de la responsabilité de Bruxelles. Indépendamment du fait que l’approbation du nouveau règlement doit être approuvée par les poids membres, nous sommes confrontés à une autre solution improvisée face à un problème qui ne peut toujours pas être maîtrisé, pour lequel des solutions qui dépassent les frontières européennes sont nécessaires, mais pour le dont la gestion est nécessaire pour qu’elle puisse garantir l’accueil sans donner aux forces politiques souveraines et anti-européennes l’occasion d’avoir une excuse pour leur existence. Le nouveau mécanisme prévoit que les pays de l’Union peuvent choisir de fournir une aide à un autre État en difficulté avec des flux migratoires avec délocalisation ou rapatriement, selon des quotas calculés à partir des données sur le produit intérieur brut et le nombre de la population; cependant, cette redistribution ne pourrait être guère plus que sur une base volontaire, en fait la possibilité de refuser la redistribution serait envisagée, compensée par l’obligation de gérer le rapatriement des migrants. Si Bruxelles présente le plan comme un juste compromis entre les pays qui accueillent physiquement les migrants et les nations qui les rejettent, le mécanisme apparaît toujours trop biaisé en faveur de ces derniers, d’autant plus qu’il ne prévoit pas de sanctions efficaces, hormis l’obligation de accueillir les migrants qui n’ont pas pu s’expatrier. L’absence de règles de sanction plus strictes, comme la réduction des contributions européennes, laisse l’Union à la merci de pays qui n’ont manifestement pas mis en œuvre les idéaux fondateurs de l’Europe et qui n’utilisent l’Union que comme un guichet automatique, sans obligation. Le sentiment est que la permanence de ces États est fonctionnelle aux intérêts économiques allemands, grâce, tout d’abord au faible coût du travail, il faudrait, au contraire, remettre en question la réelle commodité générale de ces États au sein d’une Union dont ils ne se refusent pas seulement. obligations, mais édictent souvent des lois contraires au droit européen. Si nous voulons regarder les aspects positifs, qui sont peu nombreux, nous pouvons enregistrer un progrès timide dans la recherche d’une politique commune des flux migratoires, mais qui, sous l’aspect de la réforme du traité de Dublin, laisse tout inchangé. Le problème est aussi moral, et c’est un aspect auquel Bruxelles ne peut continuer à échapper, se limitant à des communications incolores et pragmatiques sur la solidarité avec les migrants. Les cas des camps de concentration en Libye ou la situation des camps en Grèce ne peuvent être tolérés par ceux qui se sont érigés en exemple de civilisation. L’Italie et la Grèce ont leurs défauts, mais elles ont dû trouver des solutions discutables car elles n’avaient pas d’aide européenne, cependant, ces solutions ont également été bénéfiques pour Bruxelles. L’attitude commune est marquée par l’hypocrisie, qui conditionne l’action politique dans une tentative de rapprocher des pays aux intérêts et visions trop nombreux. Si l’aspect économique est toujours prédominant, l’aspect politique ne peut plus être reporté: Bruxelles doit pouvoir faire un pas vers cette unité de vues, qui peut assurer l’avenir de l’Union. Des attitudes timides comme celle actuelle sur les migrants et, surtout, sur les mécanismes de sanction de ceux qui refusent le partage des charges, signalent une approche trop peu convaincue qui ne sert que ceux qui veulent profiter de l’opportunité de maintenir une Union faible d’un point de vue politique et, par conséquent, il ne sera pas en mesure de trouver ce rôle nécessaire pour équilibrer les États-Unis et la Chine. Ce qui est revendiqué, c’est une vision à court terme qui nuit également aux pays qui ne comprennent pas que seul un partage équitable de tous les fardeaux, dont le problème des migrants n’est que le plus évident, peut également garantir le partage des bénéfices, notamment financiers. . Au final, c’est le point crucial qui déterminera l’existence européenne comme vision d’ensemble: ceux qui ne la comprennent pas feraient mieux d’en sortir, comme la Grande-Bretagne.

O fracasso em reformar o Tratado de Dublin é um mau sinal para a Europa

A definição de um mecanismo flexível de solidariedade obrigatória é a definição burocrática do conjunto de propostas que deveriam reformar, mas não substituir, o regulamento de Dublin; de fato, a Alemanha e os países nórdicos, que eram os destinos mais populares dos migrantes, se somaram à oposição ao injusto tratado feito por Viena e os países do Pacto de Visegrado. Se é verdade que a pressão migratória criou problemas internos de ordem política nestes países, que os governos preferem governar da forma mais fácil, ou seja, buscando regras internas de distribuição na União, também é verdade que os países costeiros mais sujeitos As chegadas, sobretudo Itália e Grécia, mas também Espanha, continuam a ser responsáveis ​​pelos migrantes que desembarcam nas suas costas, deixando a questão de carácter nacional e ainda não totalmente supranacional, isto é, a responsabilidade de Bruxelas. Por mais que a aprovação do novo regulamento deva ser aprovada pelos pesos membros, estamos perante mais uma solução improvisada face a um problema que ainda não pode ser contido, para o qual são necessárias soluções que vão além das fronteiras europeias, mas para cuja gestão é necessária de forma a poder garantir o acolhimento, sem dar às forças políticas soberanas e anti-europeias a oportunidade de terem uma desculpa para a sua existência. O novo mecanismo prevê que os países da União possam optar por prestar ajuda a outro estado em dificuldade com fluxos migratórios com realocação ou repatriamento, de acordo com cotas calculadas por meio de dados de produto interno bruto e número da população; entretanto, essa redistribuição poderia ser pouco mais do que voluntária, de fato a possibilidade de recusa da redistribuição estaria contemplada, compensada pela obrigação de administrar o retorno dos migrantes. Embora Bruxelas apresente o plano como um compromisso justo entre os países que acolhem fisicamente os migrantes e as nações que os rejeitam, o mecanismo ainda parece muito tendencioso a favor destes últimos, especialmente porque não prevê sanções efetivas, além da obrigação de bem-vindos os migrantes que não puderam ser expatriados. A ausência de regras sancionatórias mais duras, como o corte das contribuições europeias, deixa a União à mercê de países que obviamente não concretizaram os ideais fundadores da Europa e que utilizam a União apenas como ATM, sem obrigações. O sentimento é que a permanência desses estados é funcional aos interesses econômicos alemães, graças, em primeiro lugar, ao baixo custo da mão de obra, seria necessário, ao invés, questionar a real conveniência geral desses estados dentro de uma União da qual eles não apenas recusam. obrigações, mas muitas vezes promulga leis contrárias à legislação europeia. Se quisermos olhar para os aspectos positivos, que são poucos, podemos registar um progresso tímido na procura de uma política comum dos fluxos migratórios, mas que, no que diz respeito à reforma do Tratado de Dublim, deixa tudo inalterado. O problema também é moral, e é um aspecto do qual Bruxelas não pode continuar a escapar, limitando-se a comunicações descoradas e pragmáticas sobre a solidariedade com os migrantes. Os casos dos campos de concentração na Líbia ou a situação dos campos na Grécia não podem ser tolerados por aqueles que se colocaram como exemplo de civilização. A Itália e a Grécia têm os seus defeitos, mas tiveram de encontrar soluções questionáveis ​​porque não contaram com ajuda europeia; no entanto, essas soluções também foram benéficas para Bruxelas. A atitude comum é marcada pela hipocrisia, que condiciona a ação política na tentativa de aproximar países com muitos interesses e visões conflitantes. Se o aspecto económico ainda predomina, o político já não pode ser adiado: Bruxelas deve ser capaz de dar um passo no sentido dessa unidade de objectivos, que pode garantir o futuro da União. Atitudes tímidas como a atual sobre os migrantes e, sobretudo, sobre os mecanismos sancionatórios de quem recusa a repartição de encargos, sinalizam uma abordagem pouco convincente que só serve a quem quer aproveitar a oportunidade de manter uma União débil do ponto de vista político e, portanto, não será capaz de encontrar esse papel necessário para equilibrar os EUA e a China. O que se afirma é uma visão de curto prazo que prejudica também os países que não entendem que só uma repartição equitativa de todos os encargos, dos quais o problema dos migrantes é apenas o mais evidente, pode garantir também a repartição de benefícios, sobretudo financeiros. . Afinal, este é o ponto crucial que determinará a existência europeia como uma visão global: aqueles que não a compreendem, melhor sairão dela, como fez a Grã-Bretanha.

Неспособность реформировать Дублинский договор – плохой знак для Европы

Определение гибкого принудительного механизма солидарности – это бюрократическое определение набора предложений, которые должны реформировать, но не заменять Дублинское постановление; Фактически, Германия и страны Северной Европы, которые были наиболее популярными направлениями для мигрантов, добавились к оппозиции несправедливому соглашению, заключенному Веной и странами Вышеградского пакта. Если верно то, что миграционное давление создало внутренние проблемы политического характера в этих странах, которые правительства предпочитают регулировать самым простым способом, то есть путем поиска внутренних правил внутри Союза для распределения, то в равной степени верно и то, что прибрежные страны, наиболее подверженные прибывающие, прежде всего Италия и Греция, но также и Испания, по-прежнему несут ответственность за мигрантов, которые высаживаются на их берегах, оставляя вопрос национального характера, но еще не полностью наднациональный, то есть ответственность Брюсселя. Несмотря на то, что утверждение нового регламента должно быть одобрено членами-весами, мы сталкиваемся с еще одним импровизированным решением перед лицом проблемы, которую все еще нельзя обуздать, для которой необходимы решения, выходящие за пределы европейских границ, но для какое руководство необходимо, чтобы гарантировать прием, не давая суверенным и антиевропейским политическим силам возможности оправдать свое существование. Новый механизм предусматривает, что страны Союза могут выбрать оказание помощи другому государству, испытывающему трудности с миграционными потоками, с переселением или репатриацией в соответствии с квотами, рассчитанными на основе данных о валовом внутреннем продукте и численности населения; тем не менее, это перераспределение могло бы быть немногим большим, чем на добровольной основе, фактически будет рассматриваться возможность отказа в перераспределении, компенсируемого обязательством управлять репатриацией мигрантов. Хотя Брюссель представляет план как справедливый компромисс между странами, которые физически приветствуют мигрантов, и странами, которые их отвергают, механизм все же кажется слишком предвзятым в пользу последних, тем более что он не предусматривает эффективных санкций, кроме обязательства по приветствуем мигрантов, которые не смогли получить экспатриантов. Отсутствие более жестких правил санкционирования, таких как сокращение европейских взносов, оставляет Союз на милость стран, которые явно не реализовали основополагающие идеалы Европы и которые используют Союз только как банкомат, без каких-либо обязательств. Создается впечатление, что постоянство этих государств отвечает немецким экономическим интересам, благодаря, прежде всего, низкой стоимости рабочей силы, вместо этого было бы необходимо поставить под сомнение реальное общее удобство этих государств в рамках Союза, от которого они не только отказываются. обязательств, но часто принимают законы, противоречащие европейскому праву. Если мы хотим взглянуть на положительные аспекты, которых немного, мы можем зафиксировать робкий прогресс в поисках общей политики в отношении миграционных потоков, но который, в отношении аспекта реформы Дублинского договора, оставляет все без изменений. Проблема также носит моральный характер, и это аспект, от которого Брюссель не может продолжать уходить, ограничиваясь бесцветными и прагматическими сообщениями о солидарности с мигрантами. Случаи концентрационных лагерей в Ливии или положение лагерей в Греции не могут быть допущены теми, кто выставляет себя примером цивилизации. У Италии и Греции есть свои недостатки, но им пришлось найти сомнительные решения, потому что у них не было помощи Европы, однако эти решения были также полезны для Брюсселя. Общее отношение характеризуется лицемерием, которое обусловливает политические действия в попытке сблизить страны со слишком большим количеством конфликтующих интересов и взглядов. Если экономический аспект по-прежнему преобладает, откладывать политический аспект нельзя: Брюссель должен быть в состоянии сделать шаг к тому единству целей, которое может обеспечить будущее Союза. Робкое отношение, такое как нынешнее отношение к мигрантам и, прежде всего, к механизмам санкций тех, кто отказывается разделить бремя, свидетельствует о слишком неубедительном подходе, который служит только тем, кто хочет воспользоваться возможностью сохранить слабый Союз с политической точки зрения и, следовательно, он не сможет найти эту роль необходимой для уравновешивания США и Китая. Утверждается, что это краткосрочное видение, которое также наносит ущерб странам, которые не понимают, что только справедливое разделение всего бремени, из которых проблема мигрантов является лишь наиболее очевидной, также может гарантировать распределение выгод, особенно финансовых. . В конце концов, это решающий момент, который определит европейское существование как общее видение: тем, кто этого не понимает, лучше выбраться из него, как это сделала Великобритания.

ダブリン条約の改革の失敗はヨーロッパにとって悪い兆候です

柔軟な強制連帯メカニズムの定義は、ダブリンの規制に取って代わるが、それに取って代わるものではない一連の提案の官僚的な定義です。実際、移民の最も人気のある目的地であったドイツと北欧諸国は、ウィーンとヴィセグラード協定の国々によってなされた不公平な条約への反対に加えられました。渡りの圧力がこれらの国で政治的性質の内部問題を引き起こしたことが真実である場合、政府は最も簡単な方法で管理することを好む、つまり、配布のために連合内の内部ルールを求めることによって、同様に沿岸国が最も影響を受ける到着地、とりわけイタリアとギリシャ、さらにスペインは、彼らの海岸に上陸する移民の責任を負い、国の性質の問題を残し、まだ完全に超国家的ではない、つまりブリュッセルの責任です。新しい規制の承認はメンバーのウェイトによって承認されなければならないという事実に関係なく、ヨーロッパの国境を越えた解決策が必要であるが、まだ抑制できない問題に直面して、私たちはさらに別の即興の解決策に直面しています主権と反ヨーロッパの政治勢力に彼らの存在の言い訳をする機会を与えることなく、それが受け入れを保証することができるように、どの管理が必要であるか。新しいメカニズムは、総国内生産量と人口数に関するデータから計算された割り当てに従って、北欧諸国が移転または本国送還を伴う移民の流れに困難を抱えている別の州に援助を提供することを選択できることを規定しています。ただし、この再分配は自発的なものに過ぎない可能性があり、実際には再分配の拒否の可能性が考えられ、移民の本国送還を管理する義務によって相殺されます。ブリュッセルは、計画を移民を物理的に歓迎する国と移民を拒否する国との間の公正な妥協として提示しますが、メカニズムは、特に効果的な制裁を提供しないため、外国人になることができなかった移民を歓迎します。欧州の拠出の削減など、より厳しい制裁規則がないため、欧州の創設の理念を明らかに実施しておらず、義務を負うことなく、ATMとしてのみ使用している国のなすがままになっています。これらの州の永続性はドイツの経済的利益にとって機能的であると感じています。まず第一に労働コストが低いため、代わりに、彼らが拒否するだけでなく、連合内のこれらの州の本当の一般的な利便性に疑問を呈する必要があります。義務、しかししばしばヨーロッパの法律に反する法律を制定する。少数の前向きな側面を見たい場合は、移動の流れに関する共通の方針の探求について臆病な進展を記録することができますが、ダブリン条約の改革の側面では、すべてが変わりません。問題は道徳的でもあり、ブリュッセルは逃げることができず、移民との連帯に関する無色で実用的なコミュニケーションに限定されない側面です。リビアの強制収容所の事例やギリシャの収容所の状況は、文明の例として立ち上がった人々には容認できません。イタリアとギリシャには欠点がありますが、ヨーロッパの支援がなかったため、疑わしい解決策を見つける必要がありました。しかし、これらの解決策はブリュッセルにとっても有益でした。共通の態度は偽善によって特徴付けられ、それはあまりにも多くの対立する利益とビジョンを持つ国をまとめようとする政治行動を条件付けます。経済的側面が依然として支配的である場合、政治的側面はもはや延期できません。ブリュッセルは、目的の統一に向けて一歩を踏み出すことができなければなりません。移民に対する現在の態度、とりわけ負担の分担を拒否する人々の制裁メカニズムに対する臆病な態度は、政治的な観点から弱い連合を維持する機会を利用したい人々にのみ役立つ、あまりにも説得力のないアプローチを示しています。したがって、米国と中国のバランスを取るために必要な役割を見つけることはできません。主張されているのは、すべての負担の公平な分担だけが移民の問題が最も明白であるだけでなく、利益、特に経済的負担の分担も保証できることを理解していない国にも害を及ぼす短期的なビジョンです。 。結局のところ、これは全体的なビジョンとしてヨーロッパの存在を決定する重要なポイントです。それを理解していない人は、イギリスと同様に、そこから抜け出すほうがよいのです。

يعتبر الفشل في إصلاح معاهدة دبلن علامة سيئة لأوروبا

إن تعريف آلية التضامن الإجباري المرنة هو التعريف البيروقراطي لمجموعة المقترحات التي يجب أن تُصلح ، ولكن لا تحل محل ، لائحة دبلن ؛ في الواقع ، تمت إضافة ألمانيا ودول الشمال ، والتي كانت الوجهة الأكثر رواجًا للمهاجرين ، إلى معارضة المعاهدة غير العادلة التي أبرمتها فيينا وبلدان معاهدة فيزغراد. إذا كان صحيحًا أن ضغوط الهجرة قد أوجدت مشاكل داخلية ذات طبيعة سياسية في هذه البلدان ، والتي تفضل الحكومات أن تحكمها بأسهل طريقة ، أي من خلال البحث عن قواعد داخلية داخل الاتحاد للتوزيع ، فمن الصحيح أيضًا أن الدول الساحلية الأكثر عرضةً لذلك. الوافدون ، إيطاليا واليونان قبل كل شيء ، ولكن أيضًا إسبانيا ، يظلون مسؤولين عن المهاجرين الذين يهبطون على شواطئهم ، تاركين مسألة طبيعة وطنية وليست فوق وطنية تمامًا ، أي مسؤولية بروكسل. بغض النظر عن حقيقة أن الموافقة على اللائحة الجديدة يجب أن تتم الموافقة عليها من قبل أوزان الأعضاء ، فإننا نواجه حلاً مرتجلًا آخر في مواجهة مشكلة لا تزال لا يمكن كبحها ، والتي تحتاج إلى حلول تتجاوز الحدود الأوروبية ، ولكن من أجل ما هي الإدارة المطلوبة بحيث يجب أن تكون قادرة على ضمان الاستقبال دون إعطاء الفرصة للقوى السياسية السيادية والمعادية لأوروبا للحصول على عذر لوجودها. تنص الآلية الجديدة على أنه يمكن لدول الاتحاد أن تختار تقديم المساعدة إلى دولة أخرى تواجه صعوبة في تدفقات الهجرة مع إعادة التوطين أو الإعادة إلى الوطن ، وفقًا للحصص المحسوبة من خلال بيانات الناتج المحلي الإجمالي وعدد السكان ؛ ومع ذلك ، فإن إعادة التوزيع هذه يمكن أن تكون أكثر بقليل من على أساس طوعي ، في الواقع سيتم التفكير في إمكانية رفض إعادة التوزيع ، يقابلها الالتزام بإدارة إعادة المهاجرين إلى أوطانهم. على الرغم من أن بروكسل تقدم الخطة على أنها حل وسط عادل بين الدول التي ترحب بالمهاجرين فعليًا والدول التي ترفضهم ، إلا أن الآلية لا تزال منحازة للغاية لصالح الأخير ، خاصةً لأنها لا تنص على عقوبات فعالة ، بخلاف الالتزام نرحب بالمهاجرين الذين لم يتمكنوا من الحصول على المغتربين. إن عدم وجود قواعد عقوبات أكثر صرامة ، مثل قطع المساهمات الأوروبية ، يترك الاتحاد تحت رحمة البلدان التي من الواضح أنها لم تنفذ المثل العليا التأسيسية لأوروبا والتي تستخدم الاتحاد فقط كجهاز صراف آلي ، دون التزام. الشعور هو أن دوام هذه الدول وظيفي بالنسبة للمصالح الاقتصادية الألمانية ، وذلك بفضل التكلفة المنخفضة للعمالة أولاً وقبل كل شيء ، سيكون من الضروري ، بدلاً من ذلك ، التشكيك في الملاءمة العامة الحقيقية لهذه الدول داخل اتحاد لا يرفضونه فقط. الالتزامات ، ولكن غالبًا ما تسن قوانين مخالفة للقانون الأوروبي. إذا أردنا أن ننظر إلى الجوانب الإيجابية ، وهي قليلة ، يمكننا تسجيل تقدم خجول في البحث عن سياسة مشتركة بشأن تدفقات الهجرة ، لكنها تترك كل شيء دون تغيير في جانب إصلاح معاهدة دبلن. المشكلة أخلاقية أيضًا ، وهي جانب لا يمكن لبروكسل أن تستمر في الهروب منه ، حيث تقتصر على اتصالات عديمة اللون وعملية حول التضامن مع المهاجرين. لا يمكن التسامح مع حالات معسكرات الاعتقال في ليبيا أو حالة المعسكرات في اليونان من قبل أولئك الذين نصبوا أنفسهم كأمثلة للحضارة. إيطاليا واليونان لديهما عيوبهما ، لكن كان عليهما إيجاد حلول مشكوك فيها لأنه لم يكن لديهما مساعدة أوروبية ، ومع ذلك ، كانت هذه الحلول مفيدة أيضًا لبروكسل. يتسم الموقف المشترك بالنفاق ، الذي يحد من العمل السياسي في محاولة للجمع بين البلدان التي لديها الكثير من المصالح والرؤى المتضاربة. إذا كان الجانب الاقتصادي لا يزال سائدًا ، فلا يمكن تأجيل الجانب السياسي: يجب أن تكون بروكسل قادرة على اتخاذ خطوة نحو وحدة الهدف تلك ، والتي يمكن أن تضمن مستقبل الاتحاد. المواقف الخجولة مثل الموقف الحالي بشأن المهاجرين ، وقبل كل شيء ، بشأن آليات المعاقبة لأولئك الذين يرفضون تقاسم الأعباء ، تشير إلى نهج غير مقتنع للغاية يخدم فقط أولئك الذين يرغبون في الاستفادة من فرصة الحفاظ على اتحاد ضعيف من وجهة نظر سياسية ، لذلك ، لن تكون قادرة على إيجاد هذا الدور الضروري لتحقيق التوازن بين الولايات المتحدة والصين. ما يُطالب به هو رؤية قصيرة المدى تضر أيضًا بالبلدان التي لا تفهم أن التقاسم العادل لجميع الأعباء ، والتي تكون مشكلة المهاجرين هي الأكثر وضوحًا منها فقط ، يمكن أن تضمن أيضًا تقاسم المنافع ، لا سيما المالية منها. . في النهاية ، هذه هي النقطة الحاسمة التي ستحدد الوجود الأوروبي كرؤية شاملة: أولئك الذين لا يفهمون ذلك هم أفضل حالًا للخروج منه ، كما فعلت بريطانيا العظمى.

La mancata riforma del trattato di Dublino brutto segnale per l’Europa

La definizione di meccanismo di solidarietà obbligatoria flessibile è la definizione burocratica dell’insieme delle proposte che dovrebbero riformare, ma non superare, il regolamento di Dublino; infatti all’opposizione all’iniquo trattato fatta da Vienna e dai paesi del patto di Visegrad, si sono aggiunte la Germania ed i paesi nordici, che erano le mete di destinazione più ambite dai migranti. Se è vero che la pressione migratoria ha creato in questi paesi problemi interni di natura politica, che i governi preferiscono governare nella maniera più agevole, cioè cercando delle regole interne all’Unione per una distribuzione, risulta altrettanto vero che i paesi costieri più sottoposti agli arrivi, Italia e Grecia soprattutto, ma anche Spagna, restano responsabili per i migranti che sbarcano sulle loro coste, lasciando la questione di ordine nazionale e non ancora completamente sovranazionale, cioè di competenza di Bruxelles. A prescindere che l’approvazione della nuova regolamentazione deve essere approvata dai pesi membri, siamo di fronte all’ennesima soluzione improvvisata di fronte ad un problema che resta comunque non arginabile, per il quale servono soluzioni che vanno oltre i confini europei, ma per il quale occorre una gestione tale che deve essere in grado di garantire accoglienza senza dare occasione alle forze politiche sovraniste e anti europee di avere una scusa per la loro esistenza. Il nuovo meccanismo prevede che i paesi dell’Unione possano scegliere di fornire aiuto ad un altro stato in difficoltà con i flussi migratori con ricollocamenti o rimpatri, secondo quote calcolate attraverso i dati di prodotto interno lordo e numero della popolazione; tuttavia questa redistribuzione potrebbe essere poco di più che su base volontaria, infatti sarebbe contemplata la possibilità del rifiuto della redistribuzione, compensato dall’obbligo della gestione del rimpatrio dei migranti. Malgrado Bruxelles presenti il piano come un giusto compromesso tra i paesi che materialmente accolgono i migranti e le nazioni che li rifiutano, il meccanismo appare ancora troppo sbilanciato a favore di questi ultimi, soprattutto perché non prevede sanzioni efficaci, se non quella dell’obbligo di accogliere i migranti che non saranno riusciti a fare espatriare. L’assenza di regole sanzionatorie più dure, come il taglio dei contributi europei, lascia l’Unione in balia di paesi che non hanno evidentemente recepito gli ideali fondativi dell’Europa e che usano l’Unione soltanto come bancomat, senza obbligo. La sensazione è che la permanenza di questi stati sia funzionale agli interessi economici tedeschi, grazie, prima di tutto al basso costo della manodopera, occorrerebbe, invece, interrogarsi sulla reale convenienza generale di questi stati all’interno di una Unione di cui rifiutano non solo gli obblighi, ma spesso emanano leggi contrarie al diritto europeo.  Se si vuole guardare agli aspetti positivi, pochi, si può registrare un timido avanzamento sulla ricerca di una politica comune sui flussi migratori, ma che, sull’aspetto della riforma del trattato di Dublino, lascia tutto inalterato. Il problema è anche morale, ed è un aspetto dal quale Bruxelles non può continuare a sfuggire, limitandosi a comunicati incolori e di prammatica sulla solidarietà alle persone migranti. I casi dei lager in Libia o della situazione dei campi in Grecia, non possono essere tollerati da chi si pone come esempio di civiltà. Italia e Grecia hanno le loro colpe, ma hanno dovuto trovare delle soluzioni discutibili perché non hanno avuto l’aiuto europeo, peraltro queste soluzioni sono state vantaggiose anche per Bruxelles. L’atteggiamento comune è improntato all’ipocrisia, che condizione l’azione politica nel tentativo di dare tenere insieme paesi con troppi interessi e visioni contrastanti. Se l’aspetto economico è ancora predominante, quello politico non è più rinviabile: Bruxelles deve essere in grado di operare uno scatto verso quell’unità di intenti, che può assicurare il futuro dell’Unione. Atteggiamenti timidi come quello attuale sui migranti e, soprattutto, sui meccanismi sanzionatori di chi rifiuta la suddivisione degli oneri, segnalano un approccio troppo poco convinto che serve solo a chi vuole sfruttare l’occasione per mantenere una Unione debole dal punto di vista politico e, quindi, che non riuscirà a trovare quel ruolo necessario per bilanciare USA e Cina. Quella che si afferma è una visione a breve periodo che danneggia anche i paesi che non comprendono che soltanto una equa suddivisione di tutti gli oneri, di cui il problema dei migranti è solo il più evidente, può garantire anche la suddivisione dei vantaggi, soprattutto finanziari. Alla fine è questo il punto cruciale che determinerà l’esistenza europea come visione d’assieme: chi non la comprende è meglio che ne esca, come ha fatto la Gran Bretagna.