I costi sociali dell'unione europea

I recenti fatti connessi alle “espulsioni volontarie” operate dalla Francia verso i cittadini europei rom romeni e bulgari riportano alla ribalta la presenza di vari livelli di cittadinanza nell’unione europea.  E’ un fatto ormai acclarato che alla serie “A” appartengano i soci fondatori che hanno dato vita alla CECA più i membri più anziani, l’europa dei 12 per intenderci, nella serie “B” i paesi dell’ex blocco sovietico con maggiori capacità produttive ed infine nella serie “C” i paesi più poveri proveninenti dal COMECON e non allineati; ma nella serie “C” ci sono livelli ancora più bassi dove rientrano  appunto i rom.  Non è questa la sede per un eventuale giudizio morale o di opportunità, ma può essere la sede per una riflessione sul processo di unificazione europeo; tali fatti devono infatti fare riflettere sui tempi e sul metodo di unificazione scelto. Certamente il sogno di un’Europa unita il più possibile allargata sia dal punto di vista storico che economico è una prospettiva a lungo e giustamente inseguita da più generazioni, tuttavia le profonde diseguaglianze tra i paesi hanno fatto emergere situazioni al limite della tolleranza; questa dell’espulsione dei rom, che in una certa ottica può anche essere considerata corretta (come peraltro ammesso dal governo bulgaro), è comunque un segnale, una spia di processi malpensati ed ancor peggio governati, ed a questo proposito le dichiarazioni di facciata di Bruxelles non fanno che confermare queste sensazioni. Quello che appare che, per adesso l’unificazione sia stata funzionale a gruppi industriali di ogni grandezza, che hanno usato i vantaggi dell’europa unita per delocalizzare la propria produzione in quei paesi che garantivano oltre salari minori (molto minori) anche una deregolamentazione normativa non certo frutto di direttive comunitarie, semmai la colpa degli organismi centrali è stata proprio quella di non governare queste situazioni. Purtroppo l’impressione per il futuro è che queste patologie si acuiscano, la crisi economica impone tagli che i governi locali girano sulla spesa sociale ed anche una certa tendenza dovuta all’affermazione di partiti localistici  o comunque basati su ristrette porzioni di territorio non pare invertire queste tendenze; d’altra parte è pur vero che detrminati problemi siano reali purtroppo quello che manca è una visione ed un indirizzo comune di azione.

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