PIL cinese al secondo posto

Secondo il calcolo del PIL quest’anno la Cina superera’ il Giappone ed all’ottavo posto, quello dietro l’Italia, incombe il Brasile che ha gia’ lasciato dietro Canada e Russia, nono e decimo posto, a loro volta incalzate dall’India.  Quella del PIL e’ una misura universalmente accettata che rappresenta la crescita economica di un paese, tuttavia, e’ ed e’ stata molto contestata dato che il valore misurato tiene conto del dato prettamente economico senza valutare come questi risultati sono stati conseguiti. In un’ottica di relazioni internazionali segnate dal tempo della globalizzazione queste misure andrebbero riviste e corrette, la performance della Cina e’ conseguita calpestando tutti gli elementari diritti riconosciuti ai lavoratori occidentali cio’ ha creato una concorrenza sleale che ha fatto pendere la bilancia a favore di Pechino innescando un cortocircuito economico sulla dislocazione della produzione: cio’ ha determinato, tra l’altro una perdita di capacita’ produttiva e di conoscenze (si pensi alla produzione dell’elettronica) e disinvestimenti notevoli  nei  paesi occidentali. Qualcuno potra’ rispondere “e’ il mercato bellezza…”, certo e’ che vedere al secondo posto del PIL mondiale un paese dove i diritti sindacali ed anche il giusto salario non e’ riconosciuto non puo’ non far preoccupare i paesi occidentali dove e’ impensabile (nonostante qualche tentativo) regredire ad una situazione ante prima guerra mondiale per competere con lo strapotere cinese, anche perche’ un popolo impoverito non e’ piu’ un buon cliente. Cosa fare per arginare l’avanzata cinese? Se da un lato il protezionismo sovente invocato non e’ mai stato attuato per timori di ritorsione una maggiore azione comune dei paesi occidentali sarebbe auspicabile, mettere qualche bastone tra le ruote all’importazione di quelle merci prodotte senza i necessari requisiti dovrebbe essere possibile, ma cio’ non basta occorre puntare sulla maggiore qualita’ che i  prodotti occidentali per ora mantengono e per fare cio’ l’unica strada percorribile e’ la ricerca unita ad una politica fiscale intelligente che favorisca le imprese che in assoluto non spostano la produzione nella nazione cinese.

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