I dubbi sull’attentato di Mosca

Sull’attentato che ha ucciso la figlia del principale ideologo della supremazia russa sull’Eurasia, non possono non venire dubbi circa la sua strumentalità a sostegno della rivitalizzazione del consenso alla guerra contro l’Ucraina. Contribuisce a rafforzare questi dubbi anche la quasi immediata risoluzione del caso, da parte dei servizi segreti russi, avvenuta con una rapidità, che poteva essere utilizzata per sventare l’accaduto in maniera preventiva. Ad essere colpita è l’area più estremista che sostiene il presidente Putin, quella che risponde al padre della vittima he si richiama alla teoria, sviluppata con il crollo dell’impero zarista e messa da parte nel periodo comunista, di una Russia contrafforte dell’occidente liberale. Sebbene al padre della vittima, a cui poteva essere diretto l’attentato, sia stato da più parti indicato come l’ideologo di Putin, non esistono prove concrete di questo legame, tuttavia all’inquilino del Cremlino la presenza attiva di questa parte estremista dei suoi sostenitori è direttamente funzionale a quello che è sempre stato il suo programma elettorale, basato sul riportare la Russia a quello che è ritenuto il suo ruolo di grande potenza ed, attualmente, al programma militare e geopolitico di riconquistare il paese ucraino e riportarlo direttamente sotto la sua influenza, per mettere in pratica di ristabilire la zona di influenza che già apparteneva all’Unione Sovietica. La guerra contro Kiev, che doveva andare in tutt’altro modo, è anche una guerra contro l’occidente, ma per importanza Putin la ritiene obiettivo primario come più funzionale a diventare un esempio per tutti i popoli e le nazioni di quella che è ritenuta da Mosca la propria zona di influenza esclusiva: sottomettere l’Ucraina è un monito per tutti quei paesi che nutrono ambizioni di staccarsi dal dominio russo e, magari, andare verso l’occidente. Certo l’obiettivo è anche fermare l’espansione e la presenza occidentale sul confine russo, ma gli obiettivi, per forza di cosa vanno di pari passo. Il consenso generale dei russi verso l’operazione militare speciale appare sempre meno convinto, nonostante il divieto alla pubblica protesta, ci sono segnali di malessere per le sanzioni, che hanno provocato un abbassamento della qualità della vita della popolazione, e, soprattutto, la difficoltà di reperire i combattenti necessari per portare avanti il conflitto in Ucraina. L’obbligo di rivolgersi alle popolazioni più povere che forniscono militari impreparati, provenienti dalla parte orientale del paese è un segnale eloquente del rifiuto di arruolarsi e, quindi di condividere la guerra di Putin, da parte delle popolazioni russe più abbienti e colte; inoltre cresce l’ostilità dei familiari dei caduti e dei militari fatti prigionieri degli ucraini, che sempre più spesso ricorrono ad ogni mezzo per avere notizie dei loro congiunti. Putin si trova in una situazione senza via di uscita: un eventuale ritiro equivarrebbe ad una sconfitta ed una sconfitta potrebbe fare cadere tutto l’impianto di potere della Russia, questa valutazione porta a due considerazioni sull’attentato: malgrado Mosca abbia fin da subito accusato l’Ucraina, appare difficile che Kiev avere portato a compimento una operazione così difficile, senza, poi neppure rivendicarla. Esiste anche l’eventualità che l’ordigno possa essere stato collocato da terroristi russi contrari al regime di Putin, ma questa possibilità appare ancora più difficile in un regime dove il controllo degli apparati di sicurezza è molto stringente ed utilizza strumenti tecnologici di alto livello, come il riconoscimento facciale. Se si escludono queste ipotesi, quindi, non si può che presupporre un attentato provocato dallo stesso apparato russo per sollecitare un maggiore risentimento verso il paese ucraino, del resto le dichiarazioni minacciose dei sovranisti e nazionalisti presenti al funerale sono state particolarmente violente verso Kiev. Se ciò, però, dovesse essere vero, vorrebbe dire che Putin avverte cedimenti anche dalla parte più nazionalista e favorevole alla guerra dei suoi sostenitori: un fatto tanto preoccupante perché denuncia la distanza dal presidente russo dai suoi seguaci più convinti della giustezza dell’operazione militare, tanto da dovere avere bisogno di un atto provocatorio per suscitare lo sdegno necessario per il sostegno al conflitto. L’altra ipotesi è che con l’attentato si dia concretezza alla speranza di assicurare un maggiore sostegno nelle fasce di popolazione più restie alla guerra, ma comunque sensibili al nazionalismo russo. In ogni caso un gesto disperato del regime del Cremlino che segnala una crescente difficoltà sul terreno di battaglia e su quello del gradimento in patria, che potrebbe rappresentare l’inizio della fine per il capo del Cremlino e della sua banda.  

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.