Mosca non vuole cedere su Crimea e Donbass e minaccia la Moldavia

Allo stato attuale delle cose Mosca mette i suoi obiettivi come fattori essenziali al fine di eventuali trattative di pace: il Cremlino, infatti, non intende recedere sull’acquisizione della sovranità, e quindi del relativo riconoscimento ufficiale, di Donbass e Crimea come appartenenti materialmente e formalmente alla Federazione Russa; nonostante ciò le, seppur difficili, trattative con Kiev sembrano continuare, anche se su premesse che non forniscono alcuna garanzia. Da parte dell’Ucraina e della comunità internazionale occidentale un cedimento su questi temi, anche se giustificato con lo scopo di terminare il conflitto, fornirebbe a Putin una sorta di prova di debolezza, con l’aggravante che le promesse russe potrebbero essere facilmente disattese. Resta da valutare come può proseguire il confronto militare, dopo che esiste la concreta possibilità che vi sia un allargamento ad Ovest del confine ucraino, con il coinvolgimento della Transnistria, enclave russa tra Moldavia ed il paese ucraino, che potrebbe venire assimilato da Putin alla stregua di Donbass e Crimea. Alzare la tensione è una sorta di diversivo politico di Mosca, che patisce l’aiuto in armi a Kiev, perché consente alle forze ucraine una difesa sempre più efficace; il ministro degli esteri russo ha esplicitamente accusato l’Alleanza Atlantica di essere già in guerra con Mosca, proprio in ragione delle forniture di equipaggiamento militare; il ragionamento è che una terza guerra mondiale rappresenta molto più di una eventualità, ma che sta diventando una possibilità concreta, soprattutto dopo le affermazioni provenienti dal Regno Unito, che ha sostenuto la legittimità di un attacco contro la Russia. Il rischio di una escalation nucleare è possibile, ma Mosca ha espresso il concetto che una guerra atomica è inaccettabile, essendo ben conscia di un risultato imprevedibile, tuttavia, gli ultimi lanci di razzi russi hanno colpito zone molto vicine a centrali nucleari ucraine ed un eventuale impatto con un reattore potrebbe scatenare conseguenze pari, almeno, all’impiego di ordigni nucleari tattici, cioè di corto raggio e minore potenziale distruttivo; sulle remore russe di utilizzare, in un modo o nell’altro, la forza atomica è bene non fidarsi troppo, soprattutto dopo i massacri perpetrati dai militari del Cremlino, in dispregio delle convenzioni internazionali e con armamenti  a loro volta vietati dagli stessi accordi. Kiev ha reagito alle minacce russe di una terza guerra mondiale, come il segno della debolezza di Mosca, che si aspettava una conquista rapida ed indolore del paese ucraino, senza reazioni da parte di Kiev e dell’occidente: al contrario Putin ha ottenuto di compattare gli alleati occidentali, di ridare valore ed importanza politica all’Alleanza Atlantica e coalizzare il paese ucraino nella difesa del proprio territorio. In realtà la lettura del governo ucraino appare condivisibile, perché mostra una difficoltà militare e politica dell’azione russa, che pare trovare difficoltà sempre nuove ad ogni livello, questa impressione, però, rafforza l’idea che Putin si sia messo in una via senza uscita e che ciò rischi di farlo diventare sempre più imprevedibile e pericoloso. La mossa di minacciare un allargamento del conflitto oltre la Transnistria, sino a coinvolgere la Moldavia appare già una conseguenza delle difficoltà del capo del Cremlino di uscire dall’attuale impasse. Del resto anche i tentativi del Segretario generale delle Nazioni Unite non hanno portato risultati, se non evidenziare la sua lentezza della reazione, dato che si è mosso ben dopo che la guerra è iniziata da due mesi; interrogarsi sulla reale utilità delle Nazioni Unite appare, ormai, superfluo: senza una adeguata e radicale riforma lo svuotamento delle competenze e degli effetti, anche solo potenziali, delle Nazioni Unite è un dato sicuro sulla scena internazionale, che determina l’assoluta inaffidabilità dell’ente sovranazionale, ormai orpello di mera facciata. Gli scarsi risultati dell’azione diplomatica, intanto, impediscono la creazione di corridoi umanitari per permettere ai civili di portarsi in salvo, ma dietro questo blocco c’è una precisa tattica russa, che intende usare la popolazione come ostaggio in modo funzionale alle proprie modalità di combattimento. Nel frattempo l’azione di Mosca si concentra sul bombardamento delle ferrovie, individuate come vettore principale del trasporto delle armi, creando, così, un ostacolo in più per la fuga dei civili.

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