Il nuovo governo israeliano verso l’annessione degli insediamenti

La ricorrenza dei settantadue anni di vita di Israele è imminente, mentre il prossimo mese sarà il cinquantatreesimo anniversario dell’occupazione da parte dell’esercito israeliano dei territori palestinesi, dopo la guerra dei sei giorni. Attualmente la vita politica a Tel Aviv sta vivendo un momento difficile, che segue la ripetizione delle elezioni a causa dei risultati ripetuti che non hanno consentito la formazione di un governo di maggioranza. L’accordo di emergenza nazionale tra i conservatori ed il partito di centro ha prodotto un’alternanza di governo che fa prevedere esiti incerti, sensazione aggravata dalla crisi economica e sanitaria, anche causata dalla pandemia, che sta attraversando il paese. Sul piano della politica interna, ma che coincide anche con quella internazionale, i partiti dell’esecutivo in carica hanno firmato un patto che contiene l’impegno di promuovere l’annessione di parte della Cisgiordania dal prossimo primo luglio. Il programma effettivo prevede l’annessione della maggior parte possibile di territorio, con il minor numero di arabi residenti. Si tratta di una vera e propria violazione del diritto interazionale già in origine, ma che si aggraverebbe con la probabile instaurazione di un regime di apartheid, nei confronti dei cittadini palestinesi presenti nei territori annessi. Se l’annessione di fatto, come è attualmente, viene trasformata in annessione di diritto, il significato legale è quello di rendere valida una norma retroattiva che sancisce la legittimità degli insediamenti dei coloni israeliani costruiti su territori non appartenenti allo stato di Israele. Dal punto di vista quantitativo la porzione di territorio sottratto alla Cisgiordania con questa politica di annessione è pari a circa un terzo dei territori palestinesi. E’ stata offerta la possibilità della creazione di uno stato palestinese nei restanti territori della Cisgiordania, possibilità però respinta dai funzionari palestinesi.  Se gli Stati Uniti si sono dichiarati, da tempo, pronti ad appoggiare l’annessione, nella comunità internazionale la maggior parte dei paesi è contraria a questa opzione considerando illegittima la volontà israeliana. Oltre ai paesi della Lega Araba e delle stesse Nazioni Unite ad opporsi in maniera molto netta è l’Unione Europea, che ribadisce la propria posizione in netto contrasto con gli USA, un motivo di ulteriore distanza con l’amministrazione Trump. La posizione di Bruxelles verso l’annessione, non solo quella israeliana, ma ogni tipo di annessione, è di considerarla una grave violazione del diritto internazionale; secondo alcuni analisti ciò potrebbe provocare un peggioramento dei rapporti bilaterali, anche a causa delle intenzioni europee di attuare delle nuove sanzioni contro Tel Aviv. L’adozione di nuove sanzioni, seppur probabile, non è scontata per l’opposizione di stati europei tradizionalmente alleati di Israele come la Bulgaria, l’Ungheria, la Romania e la Repubblica Ceca, tuttavia il peso politico di stati come Francia, Belgio, Svezia o Irlanda, che sono fermamente contrari all’annessione potrebbe portare alla sospensione dell’accordo strategico di associazione con l’UE dello Stato israeliano, che regola le relazioni economiche e commerciali tra le due parti: un grande problema per Tel Aviv, perché l’Unione è il suo principale partner commerciale. All’interno del caso politico dell’annessione, rischiano quindi di acuirsi o nascere casi particolari derivanti dalle diverse visioni, che possono alterare gli equilibri internazionali. Se il contrasto tra Europa ed Usa, già citato, è cosa risaputa, la diatriba all’interno dell’Unione rischia di rappresentare un ulteriore motivo di scontro tra i membri di Bruxelles, in un periodo molto particolare, che richiede il massimo grado di concordia possibile. Resta la posizione palestinese, che giudica, come è scontato, illegittima ed irricevibile la questione dell’annessione, minacciando, se attuata, di considerare non validi tutti gli accordi firmati con Israele e gli Stati Uniti”. I leader palestinesi minacciano anche di incorporare e di integrare la questione dell’annessione nelle accuse dell’indagine della Corte penale internazionale per crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Nonostante la tragedia della pandemia, che occupa la scena internazionale, Israele riesce ancora una volta ad emergere ed a distinguersi, grazie alla pericolosità della gestione dei territori da parte di un esecutivo non adatto e non all’altezza di una visione più lungimirante e con obiettivi di lungo periodo, che non riguardano solo questioni interne, ma di respiro più ampio, cioè di rilevanza internazionale perché in grado di produrre pericolose ripercussioni sugli equilibri internazionali.