Ancora su Wikileaks

Lo stillicidio di informazioni che Wikileaks sta rilasciando genera più di un sospetto, quale può essere il motivo di questa parsimonia di notizie, quali le intenzioni di mettere in circolo informazioni se non già risapute perlomeno intuite? Nel caso italiano, ad esempio, i dossier erano costituiti da articoli di giornale rilevati secondo le percezioni e le intenzioni dell’addetto di ambasciata che compilava i fascicoli. L’attesa generata induceva ad aspettarsi rivelazioni su trame e colpi di stato, invece ci troviamo a notizie buone per la stampa, che contrabbanda come colpi di scena. Se dal punto di vista del corretto comportamento, della prassi diplomatica  si possono ammettere comportamenti non consoni, che in quest’ottica generano corrette reprimende, ma la pratica non detta dell’azione diplomatica  prevede per ogni cancelleria, ambasciata e consolato niente di meno che quello che wikileaks fa passare come rivelazioni sconvolgenti. L’ultimo file che ha generato dure reazioni è quello degli obiettivi sensibili messi sotto sorveglianza dagli USA in territorio straniero senza, però avvisare i governi competenti per territorialità. E’ chiaro che la pratica non è ortodossa, e le reazioni sono giuste e comprensibili, ma se si guarda alla  realtà delle cose il lavoro sottotraccia è uso comune nell’azione dei governi. Resta il fatto che gli USA, oltre a non fidarsi dei propri alleati più stretti, si pensi al caso della Gran Bretagna, continua a perseguire la missione che si è autoaffidata di gendarme del mondo, è probabile che ciò sia un retaggio della vecchia amministrazione Bush, peraltro non toccata dai file di Wikileaks, se non di striscio, che Obama non è ancora riuscito a correggere. L’accanimento di Assange contro il governo Obama e la segretaria di stato Clinton appare più di una spia, con l’arresto del capo di Wikileaks si spera venga fatta maggiore chiarezza sugli scopi dell’organizzazione dell’australiano.

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