La Cina, il Vaticano ed i diritti nella Repubblica Popolare

L’ordinazione di un nuovo vescovo da parte della “Associazione patriottica cattolica cinese”, la chiesa cattolica riconosciuta dal governo di Pechino ma non da Roma, ha provocato le proteste del Vaticano. In Cina esistono due organizzazioni cattoliche, la già citata “Associazione patriottica cattolica cinese”, dipendente direttamente dallo stato e non riconosciuta dalla chiesa cattolica romana e la cosidetta chiesa cattolica sotterranea,  osteggiata dallo stato ma riconosciuta dal Papa. Secondo dati non ufficiali la chiesa sotterranea sarebbe composta da 16 milioni di fedeli mentre la prima è accreditata di 5 milioni di componenti, tuttavia molti fedeli seguono entrambe le confessioni, questo dato sarebbe giustificato dai continui contatti, chiaramente non ufficiali che sono continuati ad intercorrere tra le due chiese. Il Vaticano è uno dei 25 stati che non riconosce la Repubblica Popolare Cinese come stato legittimo ed ha più volte attaccato il regime di Pechino sul tema dei diritti umani; nei giorni scorsi l’ordinazione del vescovo da parte della chiesa ufficiale cinese ha scatenato le proteste del Vaticano che sente sempre più invasa la sua sfera d’interesse. La risposta del governo cinese è stata singolare: il Vaticano è stato accusato di restringere la libertà religiosa della chiesa cattolica ufficiale cinese. Al di là delle ovvie obiezioni a questa risposta quello che appare chiaro è la difficoltà delle istituzioni cinesi ad affrontare l’argomento; la risposta fornita alle critiche vaticane pare un’autogol di portata internazionale. Ma il tema va inquadrato in una visione più ampia: alla Cina non basta più la potenza economica per accrescere il proprio prestigio internazionale ed assurgere a potenza globale, le condizioni dei diritti umani e della libertà politica e religiosa, sono fonte continua di critica dell’opinione pubblica internazionale e degli enti sovranazionali e solo la grande capacità produttiva ed economica, hanno risparmiato a Pechino sanzioni e restrizioni commerciali. Il rispetto dei diritti non è solo una questione morale ma anche economica, Pechino basa la sua forza economica sulla quantità, quantità di merci prodotte, quantità di forza lavoro da impiegare e questo immenso numero di braccia è impiegato in una situazione normativa dove i diritti dei lavoratori sono praticamente inesistenti; ciò crea uno sbilanciamento concorrenziale con le altre nazioni sia dal punto di vista dei costi organizzativi e burocratici sia dal punto di vista retributivo. La Cina è sensibile a questi argomenti ed è conscia che il progressivo affermarsi dei diritti sia ineluttabile (la pressione non è solo internazionale, anche nell’interno del paese si stanno piano piano affermando associazioni dei diritti, ci sono scipoeri ed agitazioni)  tuttavia cerca di rallentare questo processo pur cercando di accreditare le piccole novità in materia introdotte come grandi innovazioni. In quest’ottica anche la promozione di un’organizzazione cattolica, seppur inquadrata nello stato, può essere veicolo di pubblicità ed è per questo che la critica vaticana, proveniente da un microfono sempre amplificato, ha colpito così tanto i dirigenti cinesi.

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