Guerra di aiuti in Pakistan: le alternative alle soluzioni militari

La UE annuncia che il finanziamentoper gli aiuti umanitari per il Pakistan ammonta a 150 milioni di euro; tale finanziamento, sollecitato dall’ONU per fronteggiare l’emergenza va aldilà del puro aiuto umanitario. Siamo in uno stato diviso in tre, la parte al confine dell’Afghanistan risulta praticamente sotto il controllo diretto dei Talebani, la parte mediana è sottoposta ad una sorta di regime misto, dove il conflitto tra forze regolari e ribelli è una costante, infine nella sola zona della capitale vi è una autorità assoluta del governo in carica. I recenti disastri naturali hanno fornito ad Al Qaeda una nuova strategia per aumentare il proprio consenso: mediante il proprio braccio umanitario, missioni organizzatissime fornite di personale medico, cucine da campo e sostanziosi aiuti umanitari, i qaeddisti  hanno operato fattivamente portando concreti aiuti alle popolazioni colpite dagli eventi atmosferici, chiaramente insieme agli aiuti è arrivata anche la propaganda, che ha avuto gioco facile in territori già profondamente influenzati dall’estremismo islamico. La nuova strategia è però anche il segnale della necessità del cambio dei metodi dei Talebani, probabilmente il lavoro voluto da Obama, incentrato non solo sull’azione militare, ma anche sulla ricerca del consenso sul territorio, deve avere dato i suoi frutti. In quest’ottica deve leggersi la ricerca di finanziamenti occidentali da indirizzare verso il Pakistan, l’azione sociale è giustamente vista come complementare all’azione militare, oramai non più sufficiente da sola. L’importanza strategica della posizione del paese confinante con l’Afghanistan è sempre più vista come determinante  per l’esito della guerra ed anche i recenti sconfinamenti delle truppe NATO sul suolo di Islamabad lo testimonia.

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