Diplomazia dilettante?

Uno spettro di diplomazia si aggira per l’Unione Europea, il trattamento della questione dei rimpatri dei rom, per il quale in questa sede non si vuole dare un giudizio di merito, con le discussioni aspre ed il dibattito non certo diplomatico che ne è seguito sparge sale sulle ferite aperte del gestione dei rapporti tra gli stati membri e tra gli stessi stati e le istituzioni internazionali. Per prima cosa lo spettacolo è stato indecoroso, non è ammissibile un metodo tale della gestione della controversia, non è possibile che manchi una forma istituzionale che permetta di dirimere la questione nel rispetto dei modi e delle forme che dovrebbero caratterizzare i rapporti internazionali, non solo, tali forme dovrebbere essere un dato di fatto certo tra paesi di una stessa organizzazione internazionale e tra di essi e le proprie figure istituzionali. Viene il dubbio di essere davanti ad una mancanza di conoscenza conclamata, non solo delle forme ma anche del protocollo che deve essere seguito in tali occasioni.  Ne consegue un sospetto atroce: a chi è in mano la diplomazia comuntaria per i rapporti al proprio interno? Siamo davanti ad una accozzaglia di dilettanti incapaci di mantenere su di una via consueta i rapporti diplomatici? Il sospetto è legittimo, ma esiste anche un’altra possibilità si vuole seguire una tattica di rottura che implichi scenari futuri? Una tattica politica che voglia delegittimare le istituzioni europee per carpirne le competenze e favorire determinate spinte contrarie al centralismo? La questione è di fondamentale importanza per la funzione politica dell’Unione, è chiaro che i paesi membri sono 27 e le risultanze elettorali dei singoli paesi sono diverse e non è stata ancora metabolizzata nelle nazioni la spinta europeista che dovrebbe accelerare il processo di unione, ma è ora di fare chiarezza sul dove si vuole andare, cioè su quale ruolo e funzione deve assumere l’Europa di fronte agli scenari mondiali ed alla velocità di cambiamento che contraddistingue la fase storica attuale; rapportarsi in questi modi, seppure di fronte ad una questione come quella dei rom che implica diritti fondamentali del cittadino europeo e che dunque,  giustifica battaglie di principio (vale per entrambe le parti), non è un segnale incoraggiante.

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