Il solco tra le due sponde del Mediterraneo

Nel Mediterraneo il solco religioso, e quindi politico si fa più profondo. La sponda sud si sta caratterizzando per una crescente islamizzazione a scapito della laicità degli stati, anche in paesi tradizionalmente meno propensi ad un coinvolgimento religioso nelle sfere sociali e politiche si stanno affermando spinte integraliste tese ad influenzare la vita istituzionale. I casi sono diversi, tralasciando l’Algeria dove da tempo si si combatte con un’integralismo sempre più radicato, l’avanzata islamica prende campo in Egitto, paese tradizionalmente laicista, Libia, dove il fenomeno pare incanalato ad uso e consumo del dittatore Gheddafi, ma è comunque una spia del processo in atto e sopratutto Turchia dove in una elezione democratica ha vinto un partito che seppur democratico è dichiaratamente filo islamico. La progressiva avanzata nel campo istituzionale della visione islamica non fa che radicalizzare i rapporti tra gli stati del mediterraneo del nord e di conseguenza dell’Europa, tale ottica infatti non può non contrastare con gli standard sociali consolidati nei paesi dell’Unione. In realtà il problema è duplice, se da un lato complica le relazione tra gli stati, dall’altro la crescente immigrazione nei paesi europei da parte di popolazione di fede islamica pone, nel migliore dei casi il legislatore di fronte alla regolamentazione di situazioni nuove, passando attraverso alle questioni pratiche di ordine pubblico legate ad esempio alla mancanza di luoghi di culto, fino al controllo di elementi terroristici infiltrati in associazioni religiose. La visione più laicista e comunque di differente religione e cultura, anche se con gli opportuni e necessari distinguo che caratterizza i paesi occidentali non può non portare a tensioni sempre crescenti per tali motivi ed anzi la situazione è già su di una china piuttosto scivolosa; urge quindi una politica efficace e coordinata che prevenga una ulteriore degenerazione in un’ottica di accordo sia interno che esterno anche in relazione ai numerosi contratti commerciali che intercorrono tra le due sponde del Mediterraneo. Quello che pare necessario è un intervento diretto dell’Unione Europea che governi direttamente questi processi, ma ciò passa per forza da una politica estera dell’Unione sempre più centralizzata con la ovvia rinuncia allo spezzatino delle ventisette politiche estere ora in azione.

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