Dove va l'Unione Europea?

La recente relazione di Barroso sullo stato della UE pone diverse considerazioni sugli sviluppi del ruolo e delle potenzialità che il fututo potrà riservare all’unione nel suo complesso e quindi anche alla sorte dei paesi membri. E’ stato rilevato, sostanzialmente, che, sul piano internazionale l’Unione è di fatto incompiuta mancando una politica diplomatica comune al posto della quale ci sono 27, tante quanti sono i paesi membri, politiche internazionali diverse che nella migliore delle ipotesi trovano solo alcuni punti di contatto e nella peggiori sono ddirittura antitetiche; è chiaro che così la UE fa la figura del nano politico imbrigliato in esteuanti trattative delle trattative, ne consegue che il prestigio è solo di facciata ma non ha alcun peso effettivo sulle questioni inernazionali. Questa lacuna deriva prima di tutto da un buco normativo che non si è saputo colmare creando all’interno della UE apparati autonomi e liberi di manovra, cioè figure anche collegiali capaci di imporre una visione ed una capacità di azione comunitaria in barba alle istanze periferiche, sia pure provenienti dai paesi più importanti. Tale lacuna è stata chiaramente voluta grazie ale ragioni più disparate: la gelosia della propria libertà di azione di paesi di grande tradizione diplomatica, le tendenze elettorali provenienti a quei paesi che usciti dai blocchi sovietici vedevano o vedono l’esistenza di una struttura sovranazionale anzichè come una opportunità come un pericolo alla riacquistata autonomia e non ultime le tendenze localistiche che percepiscono come mancanza di autonomia l’azione comunitaria dotata di visione dall’alto che trascurerebbe le esigenze particolaristiche. Questa debolezza internazionale, che potrebbe avere dei benefici indotti, ha invece delle ricadute (costi per mancati benefici) negative direttamente sulle economie continentali. Occorre qui considerare che l’azione della politica internazionale non è solo un mero esercizio diplomatico fine a se stesso, che cioè non conferisce soltanto prestigio da spendere in congressi e relazioni, ma può costituire un vlano economico fin troppo rilevante, il corollario di contratti e convenzioni economiche che stanno dietro ad accordi internazionali è il motore che muove la moderna diplomazia e quindi non è ammissibile che un soggetto importante come la UE resti al palo, l’urgenza di dotarsi di una politica internazionale univoca è un’esigenza improcrastinabile sopratutto se giunta alla determinazione più volte sottolineata da Barroso della necessità di passare dalla fase di unione monetaria, ormai metabolizzata, alla fase di unione economica e finanziaria per aumentare in modo sostanziale il benessere sociale ed economico dei cittadini del’unione e pesare finalmente con il livello che gli compete sullo scenario internazionale.

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